Io e il mio team, in agilità

Negli articoli precedenti, sul lavoro agile e il nuovo ruolo dell'ufficio, abbiamo visto che è arrivato il momento di costruire un modo di lavorare che sia veramente diverso, adatto alle nostre esigenze; che ci faccia lavorare bene. E stare bene.

E abbiamo anche capito che se riusciremo a mettere in discussione la triade ufficio-scrivania-sedia … si apriranno possibilità nuove, tutte da esplorare, per rendere veramente attrattivi i nostri uffici.

bisconti3Oggi possiamo affrontare il terzo aspetto che viene profondamente influenzato dal lavoro agile evoluto. Quello relativo ai team e a come cambiano le nostre relazioni al loro interno.

Ancora una volta ci aiuta la legge che definisce il lavoro agile (la legge n.81 del 2017). In uno dei suoi articoli cita espressamente le ‘forme di organizzazione per fasi, cicli e obiettivi.’ Con un linguaggio più vicino alle norme che non al gergo aziendale, quello che la legge vuole richiamare è la cultura del risultato. Il lavoro agile funziona se, e solo se, l’azienda sostituisce alla cultura del presenzialismo quella basata sul raggiungimento dei risultati.

E intorno a questo semplice assunto ruotano tutte le relazioni funzionali al nuovo modo di lavorare. Con un focus particolare proprio sui team.

In un ambito di lavoro agile evoluto le relazioni immateriali all’interno di un team sono il vero collante del team stesso. Le persone che compongono il team lavorano in modo ibrido. A volte quindi decidono di recarsi in ufficio, a volte si trovano a lavorare da remoto. Come conseguenza di queste scelte individuali, si diradano le occasioni in cui un team si troverà fisicamente al completo nello stesso luogo. Molto più spesso le persone, a rotazione, saranno distanti. E alla distanza fisica, per mantenere l’efficienza e la qualità del lavoro prodotto dal team, si dovrà sopperire con relazioni di qualità. Nelle quali troveranno spazio parole importanti come attrattività, coinvolgimento, collaborazione e fiducia.

Torno col pensiero al periodo, appena arrivata nella mia azienda, che trascorsi nelle vendite. Fu per me un periodo ricchissimo di esperienze e di grande soddisfazione. Mi divertii anche molto. Quello che mi colpì particolarmente, però, fu che mai come allora provai un fortissimo senso di squadra. Legai con i miei colleghi venditori (uso il maschile perchè ai tempi erano tutti uomini) come mai mi successe più avanti. Un grande spirito di squadra, di solidarietà, di aiuto reciproco - anche di sana competizione con le altre squadre - permeava costantemente il nostro team. Avevamo sempre voglia di vederci e stare insieme. Eppure non lavoravamo quasi mai insieme. Rari erano i momenti di incontro. All’epoca, non avevamo neanche i cellulari per sentirci. Ogni chiamata doveva essere programmata, ogni incontro organizzato con anticipo. Eppure, trovarci di sfuggita in un autogrill o organizzare un pranzo quando eravamo ‘in zona’ erano sempre occasioni di festa. E i momenti di riunioni formali - per verificare gli avanzamenti degli obiettivi, per conoscere le promozioni e le nuove condizioni di vendita - non erano sentiti come un’ennesima incombenza, una perdita di tempo, ma erano molto attesi E l’aspettativa era sempre soddisfatta da incontri di altissimo valore, preparati con cura, con agende chiare e strutturate, organizzati spesso in luoghi confortevoli e con un rigido rispetto dei tempi (dalla riunione di team ognuno doveva tornare nelle proprie - distanti - zone di lavoro). La verità è che meno ci vedevamo, più diventavano preziosi i momenti di incontro. Sostituivamo la distanza fisica con relazioni di altissima qualità.

Il modo di lavorare delle vendite può essere ancora oggi un buon riferimento per capire come possono lavorare agilmente i team.

In un contesto di lavoro agile evoluto la presenza fisica non è più scontata; allora va ricercata e programmata. I momenti in cui tutto il team è riunito diventano meno frequenti e quindi più preziosi. Abbiamo già condiviso nell’articolo precedente che andare in ufficio per leggere la posta è inutile; possiamo capire ora che trascorrere una giornata, sempre in ufficio, con il proprio team, per lavorare individualmente è uno spreco.

Nel nuovo modo in cui lavoreremo gli incontri fisici di ogni team dovranno essere voluti e pianificati. E poi utilizzati come momenti di condivisione collettiva, di scambio di informazioni - e magari anche di emozioni - di aggiornamento reciproco. E dovranno essere resi interessanti, coinvolgenti, attrattivi. Oltrechè, ovviamente, utili e funzionali ai risultati.

Lo stesso team dovrà essere capace anche di lavorare da remoto. E spetta ai e alle responsabili, insieme alle persone, capire quando ha più senso incontrarsi fisicamente e quando un argomento può essere efficientemente trattato dall’intero team, ma in modalità remota.

Iniziamo allora a capire perché definiamo evoluto il lavoro agile. Le sfide iniziano a complicarsi. Il ragionamento individuale di quando ha senso andare in ufficio e quando lavorare da remoto, dovrà armonizzarsi con quello di team, per capire anche a questo livello quando è utile - o anche solo piacevole - vedersi fisicamente e quando invece l’interazione da remoto è altrettanto funzionale al risultato che si sta cercando.

Il lavoro agile evoluto è un percorso di miglioramento e di crescita, che ognuno di noi deve imparare a percorrere. Crollato il dogma della presenza fisica - costante in ufficio tutti i giorni alla stessa ora - si apre ora la possibilità di gestire spazio e tempo, per capire - ogni volta -dove e quando è meglio lavorare, sia individualmente che in team. Un percorso complesso dunque, ma che ci conduce senza ombra di dubbio verso una maggiore produttività. E una maggiore felicità

Categoria: SOSTENIBILITÀ

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Lavorare in team, come cambiano le relazioni al loro interno